Data Evento
16 Febbraio 2018
Ore
21.00
Autore
Emanuele Puglia
Regia
Emanuele Puglia
Con
Carmela Buffa Calleo ed Emanuele Puglia

Dopo un preambolo con due “TESTIMONI” atemporali, sulle note di “Si chiamava Gesù” (che farà da leit motiv a tutta la piéce), i due evocheranno e incarneranno essi stessi i vari personaggi che si avvicenderanno sul palco.
Incontriamo così NATHAELE (personaggio di fantasia), ancora ragazzo ai tempi in cui MARIA non era che una misteriosa bambina. Egli introduce il brano “L'infanzia di Maria”, l'ingresso della prodigiosa infante al tempio, nonché la figura di GIUSEPPE e i relativi brani “Il ritorno di Giuseppe” e “Il sogno di Maria”, mirabile racconto, quest'ultimo, dell'ingravidamento della fanciulla di Nazareth. Al termine, Giuseppe, perplesso e smarrito, accetta il suo destino ed esce di scena.
Intanto ha già fatto la sua apparizione SUSANNAH, un'immaginaria amica di Maria che ne seguirà le mosse sino al termine della narrazione.
Compare anche ANNA, “nonna” di un Gesù in fasce in un breve monologo nel quale narra, tra l'altro, l'incontro con “uomini venuti dall'oriente”.
Il brano “Ave Maria”, interpolato al suo interno con la parte femminile di “Khorakhanè, a forza di essere vento” (funzionale a descrivere il parto in una scena suggestiva e di grande impatto emotivo), chiude idealmente la prima parte del racconto.
Irrompe sulla scena GIUDA di Kerioth il quale pone direttamente al pubblico una serie di interrogativi che susciteranno tanti dubbi, spunti di riflessione e umana compassione. Si entra a questo punto nel mezzo della narrazione delle ore fatali al Cristo (con una ripresa, riadattata, di “Si chiamava Gesù”).
In rapida successione appaiono PILATO con le sue perplessità, CAIFA con le sue certezze e BARABBA con i suoi rimorsi. Segue un incalzante recitativo a due voci nel quale SIMONE di CIRENE e Susannah ci rendono una sorta di “cronaca in diretta” degli ultimi passi di Gesù (l'uno) e del mesto accompagnarlo della madre (l'altra). Entrambi introducono il brano “Via della croce” le cui strofe fungono da spunto perché si staglino nette le figure di GIACOMO, apostolo e “fratello” di Gesù al quale rimorde la propria vigliaccheria; MADDALENA che rievoca il suo incontro col Cristo e la purificazione della propria anima; ANNAH, il sommo sacerdote che ribadisce le buone motivazioni (anche politiche) che lo hanno condotto a condannare a morte quel presunto messia; AISHA, immaginaria madre di uno dei bambini sacrificati nella celebre strage degli innocenti... infine un “ladrone” che, man mano, intuiremo essere colui il quale è ricordato come il “buon ladrone”... Nella trama suggerita da De Andrè egli, in realtà, è semplicemente TITO che ci darà la propria interpretazione dei Dieci Comandamenti attraverso la celeberrima “Il testamento di Tito”, cantata/recitata in sala.
Il monologo di Tito, che si chiude con una suggestiva e drammatica “crocifissione” in mezzo agli spettatori, viene inframezzato dalla canzone “Tre madri”, un ipotetico e struggete colloquio tra le madri dei ladroni e Maria ai piedi delle croci. Fa così la sua comparsa l'ennesimo personaggio femminile, la MADRE di TITO la quale riaccompagnerà, al termine di questa intensa sequenza, il proprio figlio al suo destino: l'ultimo abbraccio a ricomporre la croce tra la madre straziata e il figlio morente e consapevole.
L'ultimo dialogo è tra Susannah e Maria la quale spiega l'ineluttabilità di quanto accaduto... Essa evoca ancora una volta GESU' il quale, finalmente, senza pronunciare una sillaba, appare per andare a comporre tra le braccia della madre un quadro di luminosa “Pietà”!